From a distance (grazie a Cate)
Voglio condividere questo post della mia amica di web ammerigana, Caterina, perché in poche righe sul suo blog ha riassunto -perfettamente – lo stato d’animo di chi – da sinistra – osserva l’America che cambia e che si evolve.
Spesso mi trovo anche io a dibattere sugli Stati Uniti, sulla pena di morte, sulla sanità pubblica e sull’istruzione. Ogni volta è una lotta – specialmente con chi non ha mai messo piede sul suolo americano – per cercare di far comprendere che il sistema di riferimento non può essere quello di una nazione come quella italiana, più o meno unita ma piccolissima nel suo complesso. Gli Stati Uniti sono enormemente più vasti dell’Italia e ciò comporta che bisogna ragionare in termini di continenti e non di singoli staterelli. Ci sono stati, penso al nord-est, a DC (lo so non è uno stato ma per semplicità lo tratto come tale), alla California, al Washington State, dove alcune conquiste civili noi letteralmente ce le sogniamo. Mentre ieri Obama, primo presidente di colore, per giunta rieletto, parlava di fratelli e sorelle gay ai quali estendere i normali diritti civili, noi in Italia siamo – come si direbbe a Roma – ancora a Caro Amico!
Sicuramente molte persone radical-chic, quelli che sognano sempre una sinistra che probabilmente non ci sarà mai perché se si va al Governo poi si deve governare anche per gli altri, quelli che preferiscono stare sempre all’opposizione perché loro sono la vera e pura sinistra, avranno sorriso di fronte alla retorica dell’inaugurazione del secondo mandato di Obama ieri. Avranno visto l’Impero in quelle 800 mila persone assembrate sul National Mall, tutte in piedi a sbandierare il piccolo vessillo a stelle e strisce che portavano in mano, mentre una brava cantante, Beyoncé, intonava le note dell’inno nazionale, senza porsi il minimo dubbio che forse quello sia veramente la celebrazione laica di una democrazia antica e di valori condivisi.
E sono quelle stesse persone – con le quali spesso mi trovo a conversare negli ultimi anni – che dicono peste e corna degli Stati Uniti ma poi ogni estate o ogni Natale fanno quasi carte false per visitare New York, Los Angeles, Chicago, Miami e San Francisco, vere capitali dello sterco del demonio, il denaro, a seconda che si declini in finanza, cinema, commodities, spiagge o tecnologia.
p.s. Sul razzismo accennato da Cate sui mezzi pubblici italiani: spesso mi trovo ad ascoltare discorsi di genitori di bambini come la mia che si riferiscono a immigrati rumeni come se fossero la feccia dell’umanità. Ora a parte il fatto che non sai mai chi ti trovi di fronte (noi abbiamo degli amici rumeni!) penso che siamo molto più razzisti in Italia di quanto forse pensiamo di non esserlo. Forse siamo soliti pensare al razzismo come ad una manifestazione di odio nei confronti di chi non ha il nostro stesso colore della pelle: purtroppo è qualcosa di molto più intimo e spesso siamo razzisti persino nei confronti di chi ha meno di noi.
Siamo razzisti non solo con i diversi da noi “fisiognomicamente” ma anche (direi soprattutto) nei confronti di chi è più povero. E poi andiamo in Chiesa la domenica a sbattere le ginocchia e a batterci il petto con un triplice mea culpa ….