Autoconvincimento
Comincio a pensare che invecchiare significhi anche provare tenerezza per coloro che ogni giorno si immolano in contorsionismi dialettici per corroborare le proprie tesi. Oggi Marco Travaglio, nella ormai consueta e quotidiana invettiva contro il Colle e il Presidente Monti, raggiunge livelli straordinari:
Bei tempi quando i governi cadevano in Parlamento, con un voto di sfiducia chiaro e limpido, così ciascun parlamentare ci metteva la faccia e i cittadini sapevano chi aveva votato come. Bei tempi quando chi voleva fare il presidente del Consiglio lo diceva apertamente, metteva insieme una coalizione di partiti che lo volevano al governo, e andava a cercarsi i voti (in Italia, non a Bruxelles) per verificare se i cittadini preferivano lui o magari un altro. Bei tempi insomma quando c’era ancora la Costituzione e l’Italia era una Repubblica parlamentare.
Il buon Marco mi ha fatto venire in mente una vecchia zia di mia madre che ancora oggi quando parla del periodo bellico e dello sfollamento dalla città, ricorda “li bummi ca si videvunu supra Catania” (le bombe che si potevano ammirare dalla collina mentre giungevano a Catania!), chiudendo ogni volta il racconto con un “Bei Tempi!“. Bellissimi, sicuramente, con le bombe, la guerra, la fame! Ma so che in realtà la zia Angelina ha nostalgia per i suoi venti anni, per i suoi fratelli che non ci sono più, per il divertimento di ragazzi che stavano in una villeggiatura forzata mentre gli Alleati liberavano l’Italia.
I Bei Tempi di Marco invece chissà quali sono!
Soltanto con la cosiddetta Seconda Repubblica abbiamo finalmente avuto una sorta di bipolarismo, malato purtroppo, in cui fosse chiaro sin dall’inizio quale fosse il candidato premier di una coalizione. Ora io non posso credere che Travaglio abbia nostalgia di questi ultimi venti anni, dato che l’innovazione della candidatura a Palazzo Chigi è tutta dovuta a Silvio Berlusconi.
Perché prima dell’avvento del Cavaliere col cavolo che i Governi cadevano in Parlamento. Forse Travaglio, troppo distratto nel trovare le pezze d’appoggio giornaliere contro il Colle, dimentica che le crisi di governo avvenivano quasi tutte extra Parlamento. Ora non credo che il giornalista piemontese abbia nostalgia addirittura dei camper di Craxi fuori dai Congressi del PSI, dove nacque il CAF, il patto Craxi-Andreotti-Forlani, o della famosa staffetta fra Craxi e De Mita, passando per Goria, bocciato senza fiducia proprio come il Cavaliere lo scorso anno.
O forse è passato dal vaglio degli elettori il Governo di Solidarietà Nazionale presieduto da Giulio Andreotti con l’appoggio esterno (la non sfiducia, fantastico bizantinismo degli anni di piombo) del Partito Comunista di Berlinguer? O forse il successivo governo, presieduto sempre dal controverso senatore a vita, recordman di presenze a Palazzo Chigi, con il voto di fiducia dei comunisti aveva ottenuto un mandato popolare dalle elezioni?
Ma a quale Presidente del Consiglio si riferisce quando parla di costui che metteva insieme una coalizione e poi si cercava i voti in Italia?
Evidentemente una buona cura al fosforo sarebbe opportuna per Marco perché se c’è una cosa storicamente certa è che quando si votava durante la Prima Repubblica, col cavolo che si conosceva la coalizione di governo prima del voto, né a fortiori il possibile Capo del Governo. Forse soltanto sul finire degli anni ’80, quando il Partito Repubblicano si era già sfilato dal Pentapartito, si sapeva a priori che la nuova maggioranza sarebbe stata quadripartitica, ma il Presidente del Consiglio era sempre frutto di consultazioni e di scambi, più o meno leciti, fra DC, PSI, PSDI e PLI. E nel 1992 Giuliano Amato presiedette il suo primo Governo soltanto perché il Presidente Scalfaro rifiutò di dare l’incarico a Craxi, ormai nella bufera di tangentopoli, preferendo il dottor Sottile, in un’epoca in cui il capo del Governo veniva indicato da chi – in seno alla maggioranza quadripartitica – avesse vinto o meglio perso meno alle elezioni.
Ora io capisco che i lettori del Fatto siano molto giovani o molto inviperiti con il mondo intero, ma basterebbe leggere con attenzione wikipedia per capire che i Bei Tempi andati, tanto nostalgicamente ricordati da Travaglio, non possono altro che essere i venti trascorsi in era berlusconiana. E con tutto il rispetto per Marco, e per i lettori affezionati del Fatto, preferisco di gran lunga la Prima di Repubblica, con i suoi bizantinismi, piuttosto che questa Seconda che non ne vuole sapere di finire.
E se si dovesse scegliere fra il populismo berlusconiano e il centrodestra europeo montiano dubbi francamente ne avrei pochi, a meno che vogliamo sempre credere che lo spread è tutto un inganno (citofonare famiglie alla ricerca di mutui per informazioni!), che i miliardi dell’IMU sulla prima casa si recuperano con giochi, alcol, fumo ed evasione fiscale (sic!).