Perché non basta Benigni

 In POLITICA

Adoro Roberto Benigni, la sua leggerezza nell’affrontare temi impossibili, il suo rendere spettacolare un canto di Dante o la nostra Carta, che è ancora tutta da attuare.

Ma leggendo su internet (o ascoltando la radio) che ci sono moltissimi italiani che si stanno bevendo l’ennesima favoletta (molti ascoltatori di Radio Capital ad esempio hanno tranquillamente affermato che se il Cav promettesse di togliere l’IMU lo rivoterebbero) e che addirittura si sta prospettando una bella ospitata da Michele Santoro, allora capisco bene perché non può bastare una serata alta del maestro toscano per far sì che il popolo italiano superi finalmente gli esami di maturità e diventi un popolo serio.

Ascolto (anche direttamente) molte persone che non riescono a comprendere che non è un diritto divino possedere una casa né tanto meno ereditarla. Sono le stesse persone che si lamentano se le luci in un quartiere sono spente, se i tombini sono intasati, se le strade sono zeppe di buche. Gli stessi indignati che però pretendono di avere tutti i servizi comunali gratuiti e non si rendono conto che tali servizi hanno sempre un costo.

Sento parlare di persone che sono irritate dal dover pagare l’IMU perché si sono comprati la casa con i risparmi di una vita, come se invece chi ha preferito fare altri acquisti/investimenti, con i loro risparmi, non avesse lavorato una vita. Penso a tutti coloro che si lamentano ma poi hanno la seconda, la terza e la quarta casa, magari concesse in comodato d’uso gratuito a parenti e amici, nascondendo affitti in nero o sperando nel miracolo berlusconiano di pagare le imposte come prima casa.

Già, la prima casa!

Poi si va a guardare un attimo fuori dal nostro cortile e troviamo che in tutti i paesi occidentali gli immobili sono tassati perché ovviamente i servizi locali che pretendi a casa, dalle fogne al gas, dall’illuminazione pubblica al decoro urbano, sono finanziati attraverso la tassazione locale. Poi guardiamo le tabelle che rappresentano la situazione europea sugli affitti e scopri che in Germania o in Olanda, i paesi falchi secondo la vulgata della nostra sedicente destra, non si raggiungono nemmeno lontanamente le percentuali di possesso che abbiamo nel nostro Paese.

Saranno scemi, mentre i furbi siamo noi.

E oggi su Repubblica una bella inchiesta sui ricchi che in molti scappano portandosi dietro i loro patrimoni (clamore ha suscitato Depardieu che è emigrato in Belgio, in contrasto con la tassazione imposta da Hollande) ma in tanti altri non solo restano, ma chiedono una maggiore tassazione della ricchezza per quel concetto di equità che da noi è sconosciuto. Così Bill Gates decide di diseredare i propri figli da molta parte del proprio patrimonio personale, trasferendolo alla fondazione benefica che ormai cura insieme alla moglie Melinda: non manderà certo in mezzo ad una strada i propri pargoli, ma è l’esempio che conta e cioè che i regali non costituiscono un merito. Trovo stucchevole ascoltare conversazioni nelle quali uomini e donne della mia età non si rendano conto che ereditare un certo patrimonio dai propri parenti (ormai siamo nell’età alla quale prima o poi si deve mettere in conto il dover sopravvivere ai propri vecchi) non costituisce titolo di merito nei confronti di un altro, bensì si tratta semplicemente di una botta di culo (pardon!) dovuta soltanto alla cicogna che ti ha portato sotto quel determinato cavolo e non nelle favelas!

E ha voglia Benigni di spiegarti l’articolo 1 della nostra Costituzione e del valore altamente simbolico di quelle fondamenta, il lavoro! Ricordo a scuola il mio professore di Storia e Filosofia parlarci del fatto che tale stesura fu frutto di un compromesso fra la DC e il PCI, con quest’ultimo che chiedeva che la Repubblica fosse fondata sui lavoratori. E io ringrazio il cielo che ciò non sia avvenuto perché come ha detto Roberto ieri sarebbe stato classista, mentre alla fine i Padri Costituenti hanno trovato una soluzione molto più alta, chiamando ciascuno, con i propri mezzi, al contributo per la comunità.

Ma quando percepisco l’avidità di queste persone, il loro vendersi l’anima per quattro lire, anche soltanto ipotizzando di rivotare un uomo che ha condotto l’Italia negli abissi della crisi economica e soprattutto morale, ebbene quelli sono gli istanti in cui chiederei volentieri un altro passaporto.

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