Cry again for me, Argentina
Sono passati quasi dieci anni dall’ascesa della famiglia Kirchner alla Casa Rosada, dopo il drammatico default dell’estate (australe) del 2001.
Eppure dopo aver teorizzato e provato a realizzare la cancellazione del proprio debito, la ri-nazionalizzazione di imprese energetiche e paventato il ritorno all’autarchia, ecco che i nodi – anche a Buenos Aires – ritornano al pettine.
Crisi spaventosa, disoccupazione alle stelle, inflazione di nuovo galoppante e quindi impoverimento delle classi meno agiate, con conseguente accresciuto divario fra ricchi e poveri.
Ancora una volta gli argentini hanno pagato sulla loro pelle il voler sempre scegliere la cosa più comoda, incapaci di assumersi per intero la responsabilità del futuro delle nuove generazioni.
Quando nel 2006 mi trovavo a Buenos Aires, con mia moglie affittammo per una decina di giorni un appartamento nella Capitale argentina in una zona abbastanza centrale.
Dietro la calle del nostro palazzo c’era un barbiere, di origini italiane, molto simpatico dove mi andai a tagliare i capelli e farmi radere.
Mi cominciò a raccontare la storia delle loro periodiche crisi politiche, dell’ex Presidente Menem che adoperava la cosa pubblica come fosse di sua proprietà. Gli chiesi il motivo secondo lui del fatto che l’Argentina non riuscisse a venirne fuori e mi rispose “Porque la gente no tiene gana de trabajar, de estudiar e di hacer alguna cosa!“: la gente non vuole lavorare, studiare o fare alcunché.
Le ricette economiche che hanno provato a realizzare in Argentina, una nazione di 40 milioni di abitanti e con un territorio che va dalla Scozia a Capo Passero, sono le stesse che hanno – con un sufficiente successo – realizzato in Islanda, dove però gli abitanti sono meno di un centesimo dei tangueros e meno di quanti sono gli abitanti del Quarto Municipio di Roma!
Sono le medesime terapie che vorrebbe proporre per l’Italia il Movimento Cinque Stelle: uscire dall’Euro, svalutare la nuova moneta, non pagare i debiti, autarchia.
C’è una piccolissima differenza, non trascurabile: l’Argentina è un paese ricchissimo in termini di materie prime (a cominciare da gas e petrolio, avendo deciso i lucertoloni della preistoria di andare a morire in misura considerevole in Patagonia) e poteva contare su un forte alleato sudamericano, Hugo Chavez, che comunque non è che sia molto democratico! E nonostante questo il Paese del Sud America che più amo è di nuovo sull’orlo del baratro.
Non oso immaginare cosa accadrebbe qui da noi …