Il Nome della Rosa

 In LIFE

Ho finalmente capito da dove ha tratto ispirazione Umberto Eco quando, nella stesura del suo storico romanzo ambientato nel convento medievale, poi realizzato da Annaud con quella magistrale, impeccabile ed intensa interpretazione di Sean Connery, si è inventato il personaggio di Salvatore che nel film sembra una specie di gobbo di Notre-Dame, un po’ pazzo e balbuziente che mischia nel linguaggio una serie di lingue da risultare quasi incomprensbile.

Ho conosciuto in farmacia una bellissima bambina bionda con una di quelle parlantine che conosco bene, per ragioni quotidiane, che è entrata in farmacia accompagnata dalla mamma.

La mamma parlava con uno spiccato accento romano mentre le bambina le rispondeva con un netto accento … newyorkese! Fantastico!

Ora non è che è la prima volta che mi capita di assistere a un dialogo simile e mi sono divertito anche io a parlare con la bimba mischiando i due idiomi. Né mi meravigliava una mamma che parlava la propria lingua madre con la figlia. Sono cresciuto gomito a gomito con una famiglia di italo-americani, ormai sparsi tra le due coste degli Stati Uniti, Londra e Catania, anche loro emigranti e viaggiatori al tempo del web, e mi sono sempre scompisciato dalle risate quando ascoltavo padre e figlio discutere rispettivamente in siciliano e in inglese, simultaneamente!

Ricordo ancora lo sguardo un tantino perplesso di mia moglie, catanese d’adozione, e della nuora del mio amico, britannica, che con tutta la buona volontà potevano comprendere a pieno soltanto metà del discorso dei due…

Era surreale, lo ammetto, ma ti fa capire come l’essere umano – quando vuole comunicare – non si ferma certo alla lingua!

Ora la cosa che mi ha fatto spaccare dalle risate ascoltando la biondissima bimba è stato che lei parlava tranquillamente la sua lingua, decidendo di volta in volta come rispondere alla madre e spesso e volentieri mischiando parole e costruzioni. Mi sono reso conto che per lei italiano e inglese, lingue separate come le intendiamo noi, in realtà non esistono e la sua lingua è un perfetto miscuglio di entrambe.

Così quando la mamma le ha fatto osservare che il biberon in procinto di comprare non fosse un giocattolo e non serviva certo per l’Orange Juice, come la piccolina fermamente stava sostenendo, non soddisfatta della risposta della donna – sfinita dalla parlantina, doppia in questo caso! – che informava la prole che quell’aggeggio sarebbe servito per il latte, la biondina – perplessa – le ha chiesto: “Are you sure, mamma? For Latte? E Orange Juice?”.

La signora alla cassa mi ha consegnato carta di credito e scontrino e sono dovuto andare via ma è stata un’esperienza fantastica.

E pensare che in Italia ancora c’è chi pensa che sia inutile insegnare una lingua straniera all’asilo!

 

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