La scuola scollata

 In LIFE, SCUOLA

Tieni conto di spendere un trecento euro l’anno, quando la tua bambina arriverà alle medie“, mi dice una  signora di mezza età, alle prese con l’inserimento di suo figlio nella scuola media.

Ma è ancora tutto fondato sulla carta?“, chiedo curiosamente. “No, un po’ si stanno informatizzando, ad esempio l’insegnamento di spagnolo, per aiutare nella pronuncia, viene fatto con l’ausilio di CD. Li inserisci nel PC e ascolti come si pronuncia“. “Capirai!“, penso tra me e me, “dieci anni fa studiavo spagnolo anche io così grazie ad un’iniziativa editoriale di un noto quotidiano”.

Saluto la signora e proseguo sulla strada di rientro verso casa e ripenso a questa chiacchierata.

Mancano ancora sette anni per l’ingresso di Elisa nella scuola media e – al di là dei libri di testo – un assaggio del costo, richiesto alla famiglia in termini di cartoleria e corsi extra per musica e psicomotricità, ce l’ho.

Ripenso però a come strutturiamo la scuola dell’obbligo in Italia, piena di carta, di libri, di gesso.

Penso a Elisa. La guardo e mi rendo conto che per lei è perfettamente normale guardare la TV e bloccarla se deve andare in bagno, grazie alla pausa in diretta, registrare programmi televisivi in serie o scegliere se ascoltare la sua amica Dora l’esploratrice o il suo nuovo amico Jake (il Pirata) in italiano o in inglese.

Così come per Elisa è scontato che i libri esistano sia di carta che digitali e li sfoglia con lo stesso identico gesto!

Per lei è perfettamente ragionevole pensare di poter parlare con il nonno attraverso un telefono, un tablet o un computer e sicuramente non ha la benché minima idea che una volta i numeri si componevano girando un disco sul telefono, mentre adesso si pigiano dei tasti, reali o virtuali che siano. Ed è perfettamente normale guardarlo attraverso una videocamera: conosce questa modalità comunicativa dal primo giorno in cui mise il suo piedino a casa.

Per Elisa è assolutamente ordinaria amministrazione scrivere e disegnare su un foglio di carta così come lo è farlo sul mio iPad: per lei conta il contenuto, il disegno, e non il mezzo attraverso il quale esso viene prodotto.

Ancora è piccolina ma fra non molto sarà anche lei partecipe attiva della società e sicuramente farà parte anche lei dei social network. Ma mentre per noi adulti spesso i social network sono strumenti per riavvicinare vecchie conoscenze o per tessere reazioni di lavoro, per pubblicizzare un prodotto o per sposare delle cause, i giovani studenti si creano le loro comunità, il loro social network, che non sostituisce il Facebook di Zuckerberg ma lo affianca. In questo modo si possono realizzare collaborazioni, studiare insieme e a distanza, sperimentare, confrontarsi, dibattere.

In Danimarca, leggevo su una rivista specializzata su tecnologia Apple, hanno realizzato la prima scuola (pubblica!) nella quale non esistono più le aule e le classi come le abbiamo finora immaginate, con un tipo di docenza totalmente diverso da quello al quale siamo abituati.

Noi invece siamo ancora fermi al modello gentiliano dell’insegnamento, con programmi ministeriali talvolta un po’ datati, con tonnellate di libri di carta. Viviamo la tecnologia informatica come qualcosa di alieno a noi e non ci rendiamo invece conto che per i nostri bambini alcune cose fanno parte della loro vita, esattamente come i quaderni, i libri, le penne, le matite colorate, il normografo, il goniometro, il pallone, le barbie e le trottole lo facevano della vita nostra e dei nostri genitori.

La sfida che abbiamo davanti non è tanto quella di una crescita economica fine a se stessa ma anche quella di far sì che i nostri figli non rimangano indietro rispetto ai loro coetanei delle zone del pianeta più avanzate e più ricche.

E per fare questo l’unica strada è quella di investire nell’innovazione e nell’istruzione, rifiutando facili demagogie come lo scegliere fra tablet e aule (come si è letto a proposito di stanziamenti del ministro Profumo per le scuole del sud): in uno stato serio e che si rispetti la scuola avrebbe diritto ad avere gli uni e le altre.

 

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