American lesson

 In POLITICA

C’è una lezione che i politici in Italia, tutti, di destra, di centro e di sinistra, dovrebbero trarre dal vecchio (si fa per dire ha 66 anni compiuti nemmeno un mese fa e non so se in Italia andrebbe in pensione!) Bill “Bubba” Clinton, 42° Presidente degli Stati Uniti d’America ed è che si può continuare a fare Politica (notare la maiuscola, n.d.a.) anche senza occupare le poltrone che contano.

E chissà come sarebbero andate le cose se Al Gore nel 2000 non si fosse praticamente vergognato di farsi vedere accanto al Presidente uscente, subendo la dura sconfitta da Giorgino Bush, sì grazie alla truffa dei voti della Florida ma anche perdendo il Tennessee, il proprio home state.

Ascoltare quest’uomo dai capelli ormai bianchissimi (altra lezione che dovrebbe trarre chi in Italia non accetta il verdetto tricologico del tempo che passa!) tirare la volata ad un uomo che quattro anni prima aveva per buona parte delle primarie avversato, in quanto oppositore della consorte, è sempre una grande emozione. Quel suo accento del Sud, quella sua capacità oratoria e quel ricordo di un decennio di espansione e di benessere economico che gli Stati Uniti ricordano e sperano (forse invano) di riprendere, forse saranno la spinta decisiva per un’eventuale rielezione di Barack Obama alla Casa Bianca, proprio ora che i sondaggi danno alla pari i due duellanti, con l’attuale inquilino dello Studio Ovale però leggermente in vantaggio in termini di voti elettorali, che poi sono quelli che contano con buona pace di noi italiani che continuiamo a litigare sulla legge elettorale che nel 2013 porterà anche noi alle urne.

Forse è questo che rende la democrazia americana un esempio per tutte le altre, pur con le follie di una società che non prevede un sistema sanitario pubblico per tutti, come noi europei siamo ormai abituati da decenni, e che continua a mantenere nel suo ordinamento giudiziario la pena capitale, che noi in Europa abbiamo abolito e posto come condizione per l’adesione alla nostra ancora giovane e tanto criticata Unione.

Ma guardare un uomo di 66 anni, che è stato seduto sulla poltrona più potente del mondo per otto anni, continuare a fare Politica, anche di parte, come padre nobile del proprio partito fa pensare a tutti quei personaggi nel nostro Paese che non sono riusciti – con la loro ingombrante presenza e la loro insaziabile sete di potere – a garantire un ricambio e una nuova generazione di politici. Certo non sapremmo mai, qualora non esistesse il limite del doppio mandato, se il vecchio Bubba dell’Arkansas avesse avuto l’umiltà di farsi da parte alla fine del second term (a 54 anni). Sta di fatto che gli americani hanno voluto emendare la propria Costituzione proprio per sterilizzare questa naturale tentazione dell’uomo e della sua sete di potere.

A volte mi chiedo se ad esempio Walter Veltroni, che ha uno straordinario talento letterario, o Dario Franceschini, suo successore alla guida del PD, attuale capogruppo alla Camera dei Deputati dei Democrats in salsa italiana e che è anche un bravissimo romanziere, non farebbero bene a lasciare il proprio scranno parlamentare e dedicarsi a pieno tempo a scrivere libri, tenere conferenze, volare più in alto della spicciola politica quotidiana. Penso che anche un uomo di potere come Massimo D’Alema, che ha incarnato un lungo arco temporale del potere nella sinistra, farebbe bene a non candidarsi alle prossime elezioni politiche proprio per dare quel segnale di rinnovamento delle classi dirigenti. Ovviamente ciò non impedirebbe loro di fare Politica (sempre maiuscola!!) o di partecipare attivamente alle campagne elettorali, ma certamente si libererebbero della tentazione del potere per il potere che poi è il male maggiore della nostra classe dirigente politica. Naturalmente parlo del campo che considero mio, quello della sinistra, ma il discorso vale – pari pari – per lo schieramento cosiddetto di destra che potrebbe cogliere l’occasione per emanciparsi da Silvio Berlusconi e provare a costruire veramente – se ne sono capaci – una destra diversa.

Purtroppo ho la sensazione che ciò non avverrà e di ciò ne sarà contento in primo luogo il comico-guru, il portavoce, il megafono del Movimento Cinque Stelle, o come cavolo si vorrà chiamare in futuro, che avrà gioco facile nel sostituire il populismo del Cavaliere con il populismo della rete.

p.s. Se l’articolo che oggi ha scritto Marco Travaglio sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano  l’avesse scritto Alessandro Sallusti o Vittorio Feltri su Il Giornale oppure Maurizio Belpietro su Libero, 

Il Fatto Quotidiano - 6 settembre 2012

gli amici del Fatto avrebbero deriso la stampa berlusconiana al servizio del padrone. Mi rendo conto che la carta stampata riflette comunque il livello malato della nostra democrazia e che quindi anche i giornali non sono immuni dal virus, però al Fatto stanno un po’ esagerando con l’endorsement a Grillo. E poi per favore sgombriamo il campo dagli equivoci: Beppe è solo un comico od ormai è possibile considerarlo un politico? Perché non è che Travaglio prima ci rompe l’anima con il fatto che il comico genovese non è un politico e poi stamattina per rispondere a Merlo (ormai è guerra totale contro la Repubblica) lo sbeffeggia dicendo che forse non è a conoscenza del fatto che Grillo è il fondatore e il promotore del Movimento 5Stelle. Al di là del fatto che viene omesso – sul giornale diretto da Padellaro e Travaglio – che Grillo detiene anche la titolarità del marchio del movimento e questo fa sì che butta fuori chi osa contestarlo il giornale grillino dovrebbe però essere onesto con i suoi lettori: se Grillo spara qualche cazzata sarebbe opportuno che avessero l’onestà intellettuale di ammetterlo e di scriverlo, anziché il solito buffettino sulla guancia come si fa con un bimbo di tre anni che combina qualche marachella!

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