Make the Italian dream
Saranno i circa ottomila chilometri che separano Roma da Charlotte, nella Carolina del Nord, che forse rendono più distaccata l’analisi del discorso della First Lady Michelle Obama, senza l’inevitabile coinvolgimento che si avrebbe ascoltandolo in diretta o sugli schermi attorno alle piazze, dove si sta svolgendo la Convention Democratica che incoronerà il Presidente uscente a candidato ufficiale del Partito Democratico per altri quattro anni alla Casa Bianca.
Sta di fatto che al di là della retorica familiare e dell’inevitabile propaganda, necessaria a due mesi dal voto per catturare gli ultimi indecisi, ponendo quindi l’accento sulla storia personale di questa famiglia e coinvolgendo figli, genitori, nonni e nipoti (ho sentito nominare le parole nonni e nipoti tantissimo, segno che evidentemente si cerca di conquistare l’elettorato più anziano e più sensibile ai temi della Riforma Sanitaria e della Riforma Scolastica, tanto a cuore all’Amministrazione uscente), Michelle Obama ha mirabilmente sintetizzato in una frase cosa sia e cosa debba essere sinistra: far sì che chiunque abbia la possibilità che ha avuto il marito e la sua famiglia di vivere il sogno americano, indipendentemente da chi sei, da dove vieni, a chi somigli e a chi ami. Questo sarebbe il compito di ogni sinistra (o centrosinistra, secondo la vulgata italiana che teme sempre di confondere sinistra con la degenerazione sovietica): quello che chiunque abbia l’opportunità di avere successo nella vita, che non significa solo fare soldi ma più semplicemente realizzare i propri sogni, vivendo decentemente e soprattutto dignitosamente (Michelle ha proprio parlato nel suo discorso di dignità e decenza).
Ora al di là dell’enfasi elettorale del discorso della First Lady mi chiedo se in Italia il centrosinistra non farebbe bene a concentrarsi su quali possano essere le politiche per far sì che queste opportunità vengano garantite a tutti piuttosto che continuare a litigare tra rottamatori e nomenclatura, tra chi sostiene l’allargamento a sinistra e chi invece crede nell’inseguire il voto dei moderati di centro, che spesso si traduce nel correre dietro agli spaventati e quindi nella conservazione dello status quo.
Mi chiedo se non sia compito della sinistra, ed in particolare del Partito Democratico che doveva seguire le orme dell’omonimo a stelle e strisce, suggerire a tutto l’elettorato, non soltanto il proprio, un nuovo modello di Italian Dream, senza quel libro dei sogni berlusconiano, dove tutti hanno qualcosa senza però chiarire come, bensì un nuovo percorso di rinascita per questo strano e disastrato paese che rischia, dopo 150 anni di unità, di sfaldarsi peggio che nei sette piccoli staterelli concepiti a tavolino dal Congresso di Vienna di circa duecento anni fa: il rischio che anziché costruire una nuova società italiana si vada verso un acuirsi sempre di più delle divisioni fra Nord e Sud, fra Est e Ovest, fra poveri e ricchi, fra protetti e precari, fra lavoratori dipendenti e lavoratori precari, fra privilegiati e sfruttati.
Non è propriamente il compito di un Partito nato per unire le anime riformiste, quella di ispirazione cristiano-sociale e quella socialdemocratica, narrare un nuovo modello di società, di benessere e di felicità per i nostri figli e i nostri nipoti?