Paleozoico Didattico
Tra i blog tecnologici che seguo, per tenermi aggiornato professionalmente e privatamente, vi è quello di Lucio Bragagnolo, uno dei primissimi autori su Mac e sulla Mela in generale, veramente interessante. Oggi riporta su questo post un bellissimo intervento di un docente sardo che racconta la sua esperienza di commissario agli esami di maturità scientifica. Riporto per comodità stralci della lettera di questo professore:
Trovo il tempo di scriverti durante questi Esami di Stato ormai agli sgoccioli, per raccontarti una storia, una di quelle storie belle che nel nostro Paleozoico Didattico … esami orali … Una ragazza come tante, adolescente come tante, si siede, firma, inizia a parlare esponendo la sua tesina multimediale. Ebbè, come tutti. No. Lei tira fuori il suo iPad e mostra un lavoro preparato con iBooks Author. Mi lancia uno sguardo di complicità, vedendo che tenevo la mia insostituibile Cassiopea davanti a me (scribacchiavo su Pages) e inizia a spiegare cosa era iBooks Author. Tesina interessante, materiale ben assemblato, semplice nella sua struttura eppure davvero eccellente, e mi ha divertito vedere i colleghi “addetti ai lavori” cadere dalle nuvole davanti a questo contenuto. Non faccio commenti, l’episodio si commenta da solo. Ma ti avviso, io che nel mondo della scuola ci sto da ventuno anni: la strada è lunga. Quando ai ragazzi parli dell’iPad ti dicono che costa quanto un pc e i colleghi “illustri” storcono il naso.
Questo episodio, pur senza voler fare pubblicità all’iPad (per quello ci ha pensato già una corte inglese dando proprio torto alla Apple su una causa contro la casa coreana Samsung, asserendo che il tablet asiatico non fosse così cool come la tavoletta di Cupertino), la dice lunga su come noi in Italia concepiamo tutto ciò che è innovazione tecnologica. Che siamo un Paese molto conservatore non vi è dubbio e se ad esempio trovassimo un prete che anziché il messale adoperasse un tablet lo considereremmo il vezzo di un sacerdote sui generis (in effetti è un episodio realmente avvenuto a Medjugorie dove un gruppo di pellegrini italiani voleva ascoltare la messa in italiano e il messale l’ha fornito uno di loro su iPad).
In realtà le potenzialità della tavoletta, di qualunque marca aggiungo, proprio in ambito scolastico sono enormi e soltanto la cecità di una classe dirigente conservatrice non riesce a vederla.
Continuiamo a pensare, probabilmente anche per lo strapotere di alcune case editrici, che i libri di testo – come li abbiamo intesi finora – siano l’unica soluzione per produrre lo studio e la cultura. Non ci rendiamo conto, invece, che se si utilizzassero meglio questo tipo di strumenti e si facilitasse l’accesso agli studenti a questo nuovo tipo di fruizione dell’editoria scolastica, l’investimento che si sosterrebbe avrebbe con un ritorno enorme, altro che lavagne multimediali. Perché sarebbe attivo ed interattivo, a differenza della lavagna che rimane invece uno strumento passivo per gli allievi, in una logica broadcasting della cultura e dell’insegnamento. Sostituire la lavagna di ardesia con una multimediale non cambia il contenuto: quando ero all’università alcuni docenti preferivano il gesso mentre altri i lucidi (o le trasparenze come diceva un professore con il vezzo dell’anticonformismo). Ma la sostanza non cambiava. L’obiezione che ci si può sentire rivolgere è che i ragazzi – senza usare la penna – non sarebbero più in grado di scrivere in bella calligrafia (questa obiezione l’ho ascoltata da un ragazzo di quattordici anni, questo per dire che la conservazione non è affatto un problema anagrafico). Ora senza avere competenze grafologiche mi sembra però assurdo che un’obiezione del genere ci possa essere alle scuole superiori: infatti come si scrive (a mano intendo) lo si dovrebbe imparare alla scuola elementare e talvolta anche in quella dell’infanzia (ho scoperto alla fine di quest’anno scolastico appena concluso che mia figlia – tre anni – ha saputo scrivere il suo nome su un disegno, a mo’ di firma) e quando si arriva alle scuole medie (inferiori) la capacità e la qualità della scrittura dovrebbe essere già completa.
Tornando al discorso principale di questa mia riflessione comprendo benissimo che in un’epoca di ristrettezze economiche si debba fare la lotta agli sprechi, ma c’è un settore – secondo me più importante di qualunque altro dove gli sprechi da tagliare sono veramente esigui – che andrebbe preservato continuando ad investire e questo settore è l’Istruzione. Gli investimenti nella scuola infatti, pur non avendo un ritorno tangibile (immediato) in termini di PIL, porterebbero però la società italiana a poter competere realmente con il resto del mondo. Perché possiamo sbraitare quanto vogliamo contro l’euro, la finanza internazionale, le banche, i complotti, i governi tecnici, le Fornero, i Monti e compagnia bella. Possiamo anche pensare di tornare alla nostra lira, svalutare e quindi esportare di più prodotti italiani per dare ossigeno (falso e tossico, a mio parere) alle imprese ma se non si migliora la qualità dei prodotti e dei servizi che intendiamo esportare e realizzare, la svalutazione è soltanto lo specchietto per le allodole affinché si vincano facilmente le elezioni (il populismo vive di nemici costruiti ad arte per foraggiarsi con le paure della gente) e si continui a vivere così come abbiamo sempre fatto, lamentandoci ovviamente perché nulla cambia, perché tanto sono tutti uguali.
Naturalmente affinché si facciano investimenti pubblici in ambito scolastico bisognerebbe avere una certa visione del mondo, dove la tecnologia non è un nemico da combattere bensì semplicemente lo strumento aggiornato affinché la società evolva (d’altronde questo è il progresso, uno strumento per l’evoluzione della società). L’isolazionismo non ha mai portato da nessuna parte e fino a quando la scuola, come la società itaiana in generale, non uscirà dall’Apartheid nel quale si è confinata, il nostro Paese potrà fare tutti i sacrifici di questo mondo, potrà continuare a dividersi fra una destra ancora troppo populista e una sinistra purtroppo troppo conservatrice, ma non potrà mai competere con i Paesi più avanzati (quelli che investono in idee e non soltanto in beni e centri commerciali) riducendosi sempre di più nel peso complessivo nel mondo.
Bisognerebbe uscire quindi dalla visione tolemaica del nostro mondo, ultimo retaggio di un medioevo che è evidentemente parte fondante del nostro Paese e del nostro modo di vivere, e rendersi conto che il mondo continua a girare a prescidere da noi e che va avanti.
Senza aspettarci.
p.s. Mi piacerebbe sapere se nel quartiere generale coreano siano soddisfatti della sentenza della corte britannica che ha respinto il ricorso di Samsung contro Apple che intendeva vietare la vendita del Samsung Galaxi Tab sul territorio del Regno Unito. Se da un lato a Seoul saranno contenti che potranno vendere la loro tavoletta non credo sia stato così stimolante ricevere una sentenza favorevole in cui si dice che quel prodotto lì non è affatto copiato dall’iPad perché quest’ultimo è molto più figo …