Diritti

 In POLITICA

Ascoltavo una studentessa, mi sembra piemontese, raccontare a Michele Santoro della contestazione che gli studenti hanno compiuto nei confronti del Ministro Fornero.

Non voglio entrare nel merito delle varie posizioni espresse nel corso della puntata di ieri di Servizio Pubblico ma mi ha colpito quello che questa ragazza diceva, contestando alla radice l’affermazione del ministro sul fatto che i genitori dovrebbero più pensare a far studiare i propri figli che a comprar loro una casa.

La studentessa contestava a Elsa Fornero il fatto che a suo avviso non fosse giusto dover scegliere fra il diritto allo studio e il diritto alla casa.

Ora ne ho già scritto qualche volta su questo blog ma non capisco da dove gli studenti traggano la loro fonte di ispirazione dei loro diritti: certamente non dalla Costituzione, che pensano di voler proteggere sempre, poiché in essa non si parla di diritto a possedere una casa mentre sicuramente si parla del diritto allo studio e all’istruzione, poiché soltanto una elevazione del proprio livello culturale dovrebbe consentire la produzione di un reddito tale da soddisfare tutti gli altri bisogni.

Sta in questa stortura – tutta italiana e derivante dalla totale assenza di meritocrazia nella nostra società – la crisi sociale che viviamo: nel pensare che i giovani abbiano anche il diritto di possedere la casa, o meglio, che abbiano il diritto che i loro genitori scelgano di comprar loro una casa anziché investire negli studi.

Sarà che provengo da una famiglia che invece ha creduto, anche troppo, nelle possibilità che gli studi potevano darmi ma non riesco proprio a capire quale merito si possa mai avere nel ricevere in dono una casa.

Non voglio demonizzare i nostri genitori (compreso il mio) che hanno fatto sacrifici per lasciarci in eredità i loro immobili, però non lo si può pensare come diritto divino. Se ricevi una casa in eredità pensa che sia più una botta di fortuna, piuttosto che un diritto.

Le parole di questa ragazza mi hanno ricordato quelle del padre di Barbara Faggioli, una delle olgettine, che invitava la figlia a farsi pagare in mattoni dal Presidente Berlusconi, perché così – se le cose non fossero più andate per il verso giusto – lei si sarebbe trovata un tetto sulla testa. Ora io non nego che il tetto sulla testa sia una grande tutela – specialmente per il nostro sistema nervoso – però a me sembra che il concetto del possesso di un immobile stia ritornando più come un tratto distintivo di un neo-feudalesimo, anziché divenire – come per i nostri genitori – l’approdo dei propri sforzi e del proprio lavoro.

Perché non c’è scritto da nessuna parte che per vivere dignitosamente ed onestamente tu debba per forza comprarti un appartamento (che poi per venti/trenta anni in realtà acquisti un debito è un altro discorso) e forse sta anche in questa ansia di dover comprare ad ogni costo che in Italia si ha il paradosso di redditi bassi e valori immobiliari altissimi. Mentre la tanto vituperata Germania, quella della Cancelliera Merkel, ormai nemico numero uno del popolo tartassato (mai assumersi le proprie responsabilità, eh?), ha redditi molto più alti dei nostri e valori immobiliari molto ma molto bassi.

In una città come Roma, se togliamo il centro storico (il più bello del mondo) dove mi sembra normale che i valori di mercato degli edifici siano altissimi, mi sembra folle che in quartieri quasi dormitorio, quali quelli di nuova costruzione a ridosso del Grande Raccordo Anulare, i prezzi delle case – sia in vendita che in affitto – siano molto più elevati della capitale tedesca, pur avendo stipendi ed entrate molto ma molto più basse.

La casa è diventata il vero strumento speculativo grazie anche alla follia di un popolo che considera il mattone un diritto e che quindi è disposto a dissanguarsi e a indebitarsi pur di essere proprietario immobiliare. Salvo poi lamentarsi se il Governo ripristina un’imposta, quella sugli immobili, che in tutto il mondo cosiddetto sviluppato esiste e che dovrebbe servire proprio per finanziare quei servizi locali che naturalmente – sempre in forza del diritto divino del possesso della casa – noi pretendiamo siano erogati.

Comunque da parte mia insegnerò ai miei figli (nessun annuncio particolare, ne ho una sola, soltanto non metto limiti alla Provvidenza!) a considerare la Cultura e l’Istruzione il vero strumento per l’emancipazione dei giovani dalle loro famiglie di origini. Non so quanto patrimonio sarò in grado di lasciar loro in eredità ma continuerò sempre a dir loro di credere nelle loro capacità e nel frutto dei propri sforzi, anziché aspettarsi che qualcun altro faccia il lavoro per loro o che lasci loro il biglietto fortunato della lotteria.

Non dover dire grazie a nessuno è una grande soddisfazione.

 

 

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