La camomilla

 In POLITICA

La strana coppia

Qualche anno fa, dopo la bocciatura del cosiddetto lodo Alfano da parte delle Corte Costituzionale, l’allora maggioranza di centro-destra, capeggiata dal suo leader Berlusconi, si lasciava andare a commenti offensivi dell’Alta Magistratura, rea di aver bocciato la legge che avrebbe salvaguardato il Capo del Governo e preda di pregiudizi dovuti – ad avviso di Berlusconi & co. – ad una appartenenza politica organica alla sinistra, poiché – diceva il Cavaliere – “11 giudici su 15 sono stati nominati dalla sinistra o da Capi di Stato della sinistra“, unico nel mondo a vedere una sorta di continuità sovietica che partiva da Oscar Luigi Scalfaro a Giorgio Napolitano, passando da Carlo Azeglio Ciampi!

Giustamente a fronte delle reazioni più che scomposte dei panzer del centrodestra Antonio Di Pietro reagiva duramente, contestando che tutte le sentenze si rispettano e che la magistratura non è di destra né di sinistra, bensì applica meramente la legge (la magistratura ordinaria) o la Costituzione (la Consulta).

Adesso come perfetta nemesi di un uomo ormai orfano del suo storico avversario e probabilmente anche della sua ragion d’essere in politica, il leader dell’Italia dei Valori rilascia la seguente dichiarazione a seguito della bocciatura da parte della Corte Costituzionale dei referendum elettorale:

“L’Italia si sta avviando, lentamente ma inesorabilmente verso una pericolosa deriva antidemocratica, ormai manca solo l’olio di ricino…Quella della Corte non è una scelta giuridica ma politica per fare un piacere al capo dello Stato, alle forze politiche e alla maggioranza trasversale e inciucista che appoggia Monti, una volgarità che rischia di farci diventare un regime.”

Ecco mancava al nostro Paese che Di Pietro si berlusconizzasse, che usasse contro la più Alta Magistratura italiana le stesse identiche parole che solitamente adopera Silvio Berlusconi, “scelta politica“, solo perché i Giudici Costituzionali avranno ravvisato quel buco nell’ordinamento che Di Pietro ed altri (anche illustri costituzionalisti ed ex giudici costituzionali) non ritenevano ci fosse, senza nemmeno attendere le motivazioni della sentenza che magari aiuterebbero a comprendere le ragioni di inammissibilità dei quesiti referendari ed anche come evitare che oltre un milione di persone, che hanno inequivocabilmente espresso un disagio di fronte al porcellum, vedano disperso il loro sforzo comune.

Non se ne può più di questi personaggi politici che tirano per la giacchetta le massime istituzioni quando loro conviene, sperticandosi di elogi se tirano le orecchie all’avversario e gridando al regime se invece la sculacciata la prendono sul loro sedere.

Di Pietro deve scegliere: o partecipare alla vita democratica del Paese cominciando con il rispetto per le istituzioni del Paese, oppure relegarsi nell’angolo del proprio autocompiacimento, speculare a quel Silvio Berlusconi che tanto ha attaccato e disprezzato, in compagnia di personaggi alla Beppe Grillo che parlano soltanto alla pancia del Paese e mai alla testa.

Si prenda una bella camomilla l’ex PM di Mani Pulite e ci faccia capire se la foto che lo ritrasse alla Camera, qualche tempo fa,  insieme all’allora Premier,  fosse foriera di una verità che forse allora non riuscivamo a mettere pienamente a fuoco e cioè che questo o quello per me pari sono!

p.s. A scanso di equivoci devo aggiungere che sono molto dispiaciuto che i referendum elettorali siano stati dichiarati inammissibili perché essendo convinto che questo Parlamento non produrrà mai un’altra legge elettorale, per la semplice ragione che non conviene ai nostri rappresentanti e soprattutto ai loro capi-partito, poiché il potere che la legge-porcata consegna ai segretari di partito è enorme e chi vince una consultazione elettorale con il Porcellum ha a disposizione un numero di fedeli deputati e senatori che gli consente di fare i propri comodi con leggi e istituzioni del Paese. Mi dispiace che non si sia potuto mettere una croce sul SI per abrogare la legge elettorale e ripristinare il Mattarellum che aveva il pregio innegabile di riportare ad un rapporto diretto, collegio-eletto, il controllo sull’operato del proprio parlamentare. Ma il dispiacere per una sentenza che non ci consente di partecipare direttamente al ripristino della scelta del proprio rappresentante non può e non deve trascendere in un attacco alla Corte Costituzionale che avrà evidentemente ravvisato gli estremi di un buco normativo in una legge elettorale. E se così è, cioè vi sarebbe stata la presenza di un buco normativo (ad esempio per la ridefinizione dei collegi uninominali), la salvaguardia della procedura Costituzionale, cioè che in qualsiasi momento i cittadini possano votare ed eleggere un Parlamento, è sempre meglio che rimanere per un lasso di tempo privi del potere che la Costituzione stessa ci assegna. Dispiace soprattutto una cosa: che l’insulto alla Corte Costituzionale provenga da un ex magistrato (cioè da chi la Costituzione e le leggi le ha fatte rispettare per mestiere) ed ex ministro (che ha giurato su quella Costituzione che adesso calpesta insultandone i membri della massima giurisdizione costituzionale). Provenisse da un avvocato qualsiasi, un La Russa (ex ministro) o un Paniz (quello della nipotina di Mubarak!), si capirebbe ma da Antonio Di Pietro proprio no. 

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