Prima del ponte

 In POLITICA

Prima di tuffarmi nel ponte dell’Immacolata, con quattro giorni di aria fresca nel cuore verde dell’Italia, voglio fare due ultime riflessioni sulla manovra economica.

Tra le mille cose che mancano e che spero il governo almeno preveda di fare in futuro in un’ottica di riforma strutturale è una seria politica per la famiglia, di qualunque tipo essa sia. Spero che ci si renda conto che chiunque in questo paese sia stato così “scellerato” da fare o adottare figli abbia contribuito al futuro e alle pensioni future anche per chi figli non ne ha fatti o non ne ha adottati. Non mi aspetto beneficenza né qualche astruso sconto fiscale perché qualunque meccanismo di reddito familiare si presta – inevitabilmente – a meccanismi di elusione e di evasione, in un paese in cui l’inventiva sul tema non manca di certo.

Mi aspetto però che per la famiglia la politica finalmente si muova verso seri interventi per la realizzazione di servizi per l’infanzia, riorganizzazione dell’assistenza a favore della famiglia, togliendo folli e costosi privilegi che drogano inevitabilmente la spesa assistenziale delle casse dello stato.

Deve essere chiaro e cristallino per tutti che se si va verso un progressivo invecchiamento della popolazione l’unico modo per contrastare questo problema anagrafico, a meno di pensare a omicidi collettivi di stato, passa inevitabilmente per una serie di incentivi alla famiglia che rendano “conveniente” fare figli, possibilmente più di uno. Tali incentivi non sono ovviamente una sorta di questua dello Stato ma sono costituiti da tutta una serie di infrastrutture pubbliche, di strutture sociali e di provvedimenti legislativi quali ad esempio la tutela vera della maternità (con sanzioni penali per quegli imprenditori che licenziano o discriminano le donne in stato interessante), la parificazione dei diritti-doveri fra i genitori consentendo una paternità consapevole, la costruzione di strutture per l’infanzia in grado di recepire un numero alto di bambini, a differenze dei ridicoli numeri attuali degli asili nido pubblici.

Perché deve essere chiaro, a coloro che di questi tempi non riescono proprio a guardare al di là del proprio naso, che se un giorno ci sarà ancora un sistema pensionistico, vera conquista sociale d’Europa dopo la II guerra mondiale, questo sarà possibile perché ci saranno i bimbi di oggi che lavoreranno un domani e con le loro tasse consentiranno di finanziare il Welfare State del futuro.

Una considerazione sull’Imposta Municipale che accorpa la vecchia ICI: io capisco le reazioni di chi considera questo una specie di attacco alla libertà della persona, equiparando l’imposta a una sorta di rapina da parte dello stato. Vorrei far notare, sommessamente, che non esiste nella nostra Costituzione un diritto alla casa né mai ci potrebbe essere perché nessuno sarebbe in grado di garantirlo. Inoltre mi sembra stucchevole non comprendere come l’Italia sia un paese proprio sui generis per non avere l’imposta sulla prima casa, cosa che negli altri paesi nemmeno minimamente sarebbe concepito. Ora al di là che nella contingenza attuale l’imposta verrà trattenuta maggiormente per contenere il debito, l’ICI prima e l’IMU poi sono la principale fonte di sostentamento dei servizi comunali. Come ha spiegato Monti ieri, ed è pazzesco che autorevoli esponenti politici – la lega in primis – non capiscano,  avere una casa porta inevitabilmente il pubblico a sostenere dei costi sia in termini di investimento (illuminazione, strade, fogne, rifiuti, trasporti) sia in termini di spesa corrente (luce, manutenzione strade e fogne, raccolta e gestione dei rifiuti, carburante dei mezzi di trasporto, manutenzione degli stessi, ecc.). E se fossimo un vero paese normale e civile chi vive nelle zone di mercato a più alto valore e pregio pagherebbe molto ma molto di più di chi invece vive in periferia in modesti appartamenti di 80-100 metri quadrati. Perché un conto è abitare a Piazza Duomo a Milano o a Piazza di Spagna a Roma, un altro è abitare a Tor Bella Monaca, con tutto il rispetto per gli abitanti della borgata romana. Si chiama progressività dell’imposizione fiscale, insomma si chiama civiltà.

Infine un’altra anomalia tutta italiana è costituita dalla mancanza di una vera tassazione sui patrimoni (altra nota dolente della manovra del Governo) spesso frutto di eredità e non del lavoro. Come il professor Vaciago ha perfettamente spiegato la settimana scorsa a Ballarò non è che chi di noi (ci sono anche io, a scanso di equivoci!!) abbia ereditato lo abbia in qualche modo meritato o sudato!  Ciò fa sì che anche il nostro capitalismo è fortemente viziato all’origine da un sistema di imprese familiari che non fanno del bene e del progresso per la società quando questo collide con quello strettamente personale.

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Sto leggendo la biografia ufficiale di Steve Jobs, scritta da Walter Isaacson e uscita lo scorso ottobre: è un efficacissimo documento di studio per capire il capitalismo della Silicon Valley. Non tanto per la storia del fondatore della Apple complessivamente nota (sebbene sia interessante capire come il figlio di un meccanico e di una ragioniera abbia fondato l’azienda adesso più ricca del mondo!), ma per tutta una serie di storie minori a cavallo dell’avventura della mela morsicata. In Italia noi abbiamo il capitalismo ereditario e l’ereditarietà delle professioni, altra aberrazione, che produce anche l’ereditarietà delle passioni (come spiegare altrimenti il fatto che i figli dei medici facciano i medici!!!).

Qui invece continuiamo a impiccarci per rivendicare il diritto alla casa e protestiamo per l’imposizione fiscale su di essa senza capire che è il lavoro e non il patrimonio che produce futuro per le nuove generazioni e pari opportunità per tutti. Ed è proprio quando è il lavoro ad essere penalizzato rispetto al patrimonio che nascono le più grandi disparità e il pendolo è tutto in favore di chi ha di più, dei più ricchi, come avveniva prima della Rivoluzione Francese.

Ai poveri restavano le brioches di Maria Antonietta.

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