Mi ritorni in mente
Stamattina sfogliando i giornali del mattino mi è tornato in mente Fausto Bertinotti, ex inquilino di Montecitorio durante la legislatura precedente, protagonista nell’ottobre del 1998 della caduta del Governo Prodi. Sì lo so i complottisti direbbero che Prodi cadde per il patto Marini-D’Alema: sta di fatto che quando Romano Prodi chiese la fiducia alla Camera, dove Rifondazione Comunista – presente in Parlamento per il famoso patto di desistenza con l’Ulivo in taluni collegi sicuri – era determinante, il partito di Bertinotti staccò la spina al Governo presieduto dal professore bolognese durante la sessione di bilancio, cioè sulla legge più importante di un esecutivo. All’epoca Fausto Bertinotti, sull’onda delle sinistre europee e in particolar modo del Partito Socialista francese al governo con Lionel Jospin, si batteva affinché fosse ridotto l’orario di lavoro, per i lavoratori dipendenti, alle famose 35 ore settimanali a parità di salario, così come era stato fatto in Francia. Era un periodo di vacche grasse e naturalmente la suggestione dell’allora leader di Rifondazione Comunista era straordinaria: recuperare il tempo per la vita, gli affetti, lo studio, il miglioramento individuale delle classi lavoratrici.
Sono passati adesso 13 anni esatti, di nuovo in una crisi di governo, ma la sinistra radicale non è rappresentata in Parlamento e il partito di Bertinotti non esiste praticamente più. E nemmeno quei temi sono ormai all’ordine del giorno. Anzi.
Quel voto di fiducia fu probabilmente fatale per tutta la legislatura del centrosinistra. Nonostante quel quinquennio fu tra i migliori per i conti pubblici e i governi Prodi-D’Alema-Amato avessero al loro interno delle personalità che proprio nulla hanno a che vedere con lo squallore di taluni ministri uscenti dell’ultimo gabinetto del Cavaliere, la sconfitta alle elezioni del 2001 fu inevitabile e cominciò l’epopea governativa del populismo di Berlusconi.
Il risultato è stato che anziché 35 ore settimanali a parità di salario negli ultimi anni si stanno osservando fenomeni radicalmente opposti, con un aumento delle ore lavorative in nome di una produttività quasi dogmatica, la sinistra di Nichi Vendola ancora sembra produca solo sogni, suggestioni e narrazioni, in più ci siamo sciroppati il populismo e il personalismo di Silvio Berlusconi. Con il risultato che anziché avere ministri come Carlo Azeglio Ciampi, Franco Bassanini, Giorgio Napolitano, Giovanni Maria Flick, Augusto Fantozzi giusto per citare alcuni tra i più autorevoli ci siamo ritrovati con ministri impresentabili, quali La Russa e le sue mimetiche e i suoi soldatini, Roberto Calderoli, Roberto Castelli, Renato Brunetta, Maurizio Sacconi, Mara Carfagna, Michela Brambilla, Stefania Prestigiacomo, Paolo Romani, Maria Stella Gelmini, Claudio Scajola, Maurizio Gasparri e mi voglio fermare per carità di Patria! Per non parlare dello squallore del Parlamento dei Nominati, dopo aver avuto nel 1992 il Parlamento degli Inquisiti.
Ecco mi è tornato in mente quell’autunno del 1998, periodo per me molto felice e spensierato, e se potessi chiederei a Fausto Bertinotti: caro compagno Fausto, ma ne valeva proprio la pena?