Il rancore sociale

 In SPORT

Ne parla oggi Massimo Gramellini sulla sua rubrica giornaliera sulla Stampa e ne avevo già parlato qualche tempo fa su questo post. Ne parla anche Francesco Merlo nel prologo del suo libro appena uscito “Brunetta il Fantuttone”: invidia e rancore tra pezzi di società. Guardiamo un esempio.

Nelle ultime settimane, quando diventava sempre più evidente che la prima giornata di serie A sarebbe saltata per il mancato accordo fra l’Associazione Italiana Calciatori e la Lega Calcio Serie A, i commenti in rete e in TV sono stati praticamente unanimi e che cioè un branco di bambinoni viziati non aveva il diritto di scioperare perché già sono fortunati!

Su Facebook ho trovato alcuni wall (sì lo so che nella localizzazione italiana si dice bacheca ma mi sa troppo di comunicazione ingessata, la bacheca, wall mi sa di libertà!) dove vi era scritto:

Mio caro calciatore, potrai permetterti di scioperare quando: 1) il tuo stipendio mensile non superi i 1000 euro mensili. 2) quando la tua sveglia,comprata a 50 centesimi dai cinesi ti suonerà 6 giorni su 7 alle 6:30 del mattino. 3) Quando inizieranno ad arrivarti le bollette di luce,acqua,gas,telefono,assicurazione auto,bollo auto,canone TV, ricariche del cellulare a TUE SPESE… Ecco,allora potrai PERMETTERTI di scioperare…. VERGOGNATEVI…!!

Credo che la stragrande maggioranza della gente non ha approfondito la questione e si sia fermata ai flash dei TG. Nessuno per esempio ha mai ascoltato Damiano Tommasi, neo presidente dell’AIC e grandissimo calciatore della Roma, soprannominato dai suoi tifosi Anima Candida e che non abita in una mansion stile Arcore ma in un appartamento in un quartiere dignitoso ma estremamente normale di Roma, affermare che  i calciatori volessero far pagare ai club la supertassa. Tommasi ha sempre spiegato, ai microfoni delle emittenti e alla carta stampata, che lo slittamento della prima di campionato di serie A (si parla di questo non di astensione lavorativa) non avesse nulla a che vedere con il contributo di solidarietà – ad oggi ritirato – e il fantastico emendamento ad personam, che il Ministro Calderoli e la Lega pensavano di presentare per far pagare il doppio dell’addizionale a questi bambinoni cresciutelli in mutande.

L’ex centrocampista giallorosso ha sempre precisato che la protesta riguardava il mancato accordo sulla possibilità dei club di escludere dagli allenamenti i fuori rosa, cioè la protesta era ed è ancora una tematica squisitamente sindacale, come di qualunque categoria di lavoratori dipendenti, con l’obiettivo di garantire a tutti i calciatori gli stessi diritti “tecnici“, una sorta di conservazione del loro stato di forma, affinché il loro valore di mercato non fosse svalutato e di conseguenza anche la loro vendibilità sulle piazze calcistiche fosse conservata.

Ciò che fa più tristezza nel nostro Paese è la solita incapacità di guardare oltre la punta dell’iceberg: è vero che in tempi di crisi l’erba del vicino è sempre più verde della mia ma sul tema del nostro sport nazionale si pensa che tutti quelli che prendono a calci il pallone siano milionari. Non ci si rende conto che la maggior parte dei calciatori invece non lo è affatto. Certo ci sono rose che hanno fior di campioni che probabilmente non dovranno mai lavorare, nuovamente e diversamente, al termine della carriera se non come opinionisti alle TV. Ma il calcio professionistico non è questo: quelli sono i campioni, le super star, come a Hollywood non ci sono soltanto Redford, Pacino, De Niro, Clooney, Pitt, Aniston, Jolie, Roberts, Moore, Williams, Willis, etc.: ci sono anche l’attore da diecimila dollari per una piccola parte in un film e la prossima chissà quando, l’attrice prevalentemente di TV con un cachet limitato e magari legato allo share e non sono tutti che abitano a Malibu!

Ho l’impressione che questo sentimento di invidia, che ci porta sempre a guardare chi ha di più con astio e risentimento, ci stia ormai offuscando la mente tanto da non farci nemmeno vedere come – in questa vicenda – i capitani delle squadre di Serie A, compresi i big del settore, da Alex Del Piero a Francesco Totti, da Javier Zanetti a Rino Gattuso, cioè i rappresentanti dei club più ricchi e sicuramente quelli che non dovranno preoccuparsi mai di arrivare a fine mese, abbiano messo la faccia e fatto sentire tutto il peso della loro immagine in questa trattativa, guidati da una persona, come Tommasi, che purtroppo ormai è merce rara anche in altri contesti lavorativi. Ed è apprezzabile che costoro si siano battuti per tutto il calcio professionistico, cioè anche per quei giocatori di Lega Pro, ad esempio, che il milione di euro lo guadagneranno forse vincendo al superenalotto e che un infortunio potrebbe estrometterli per sempre da una professione che già di per sé ha breve durata (neanche venti anni di professionismo serio, cominciando a guadagnare seriamente a circa 16).

Quel post su FB mi ha reso veramente triste. Esaminiamolo: posso scioperare solo se guadagno meno di 1000 euro (se ne prendo di più quindi non ho alcun diritto a rivendicare alcunché, devo accontentarmi dell’elemosina del padrone), se mi alzo alle 6.30 ogni giorno tranne la domenica (comunque c’è gente che lavora anche la domenica quindi queste possono protestare a vita!) e solo se le bollette delle utilities le pago tutte io (quindi quelli che hanno benefit aziendali, smartphone, auto, carta carburante, etc. possono crepare, stanno fin troppo bene, non hanno diritto a chiedere altro).

Quindi la società anziché evolversi verso la concordia e la pace sociale, cercando di rivendicare più diritti specialmente a chi non ce li ha, si involve verso il rancore e l’invidia, che ci mette l’uno contro l’altro, in una guerra di poveri, con l’unico driver che conta che è sempre il solito: il denaro, gli sghei, i picciuli. Come se poi guadagnare di più, alzarsi un’ora dopo, utilizzare dei beni aziendali contrattati con il proprio datore di lavoro, sia motivo di ostracismo da parte degli altri e mai si possa ritenere frutto di un possibile merito altrui, finanche in una trattativa individuale con il proprio “padrone“. E non ci si rende conto che questa guerra, che magari mette contro un precario a 1000 euro al mese e un quadro a 2500 euro, è una guerra che porta inevitabilmente al ribasso continuo dei valori etici di una nazione, sempre nella solita e avvilente litania italiana di guardare il portafogli degli altri, le case degli altri, le macchine degli altri. Una competizione sul nulla e per niente basata sul merito, anzi: tutta volta a far stare peggio gli altri, in un perenne derby calcistico dove non conta se la mia squadra vince il campionato, l’importante è che non lo vinca la mia arcirivale.

Mi fa molta tristezza questa società. È questo quello che vogliamo insegnare alle future generazioni?

Recommended Posts
CONTATTAMI

Per qualunque informazione scrivimi e ti risponderò al più presto possibile.

Not readable? Change text. captcha txt
0
VINCENZOPISTORIO.COM