Un’altra carta!
Leggo su un post che il Ministro Renato Brunetta, lo stakanovista del Governo, acerrimo avversario di sprechi e di fancazzisti pubblici, ha annunciato una nuova carta d’identità per i pubblici dipendenti, che sarà anche valida per l’espatrio.
La cosa mi ha fatto sorridere perché recentemente, giunto al UK Border dell’aeroporto di London Gatwick, ho mostrato al funzionario di frontiera britannico la mia Carta di Identità, pensando tra me e me, che sarebbe ora che anche gli inglesi aderiscano a Schengen per poterci muovere ancora più velocemente e senza fila tra l’Italia e il Regno Unito. Prontamente il poliziotto mi chiede – molto cortesemente – se avessi con me il Passaporto ed io replico che non l’ho e aggiungo, un po’ scocciato a dire il vero, che essendo italiano non avevo bisogno del Passaporto ma che bastasse e avanzasse la Carta d’Identità nazionale poiché entrambe le nazioni facevano parte dell’Unione Europea.
Il tizio inglese, imperturbabile, mi replica con uno stupendo e surreale British aplomb che sapeva perfettamente che io fossi italiano ma che il Passaporto avrebbe consentito di velocizzare la pratica poiché i dati venivano letti automaticamente e non avrei perduto tempo (stiamo parlando di nemmeno due minuti di inserimento dei dati di immigrazione!!!). “Le suggerisco di viaggiare con il passaporto la prossima volta, così fa prima e non perde tempo a questo banco“, si congeda salutandomi. Mentre mi dirigo in città ripenso a quanto sia strana la storia: prima abbiamo fatto in modo che si evitasse il passaporto per sentirci tutti più vicini, adesso il documento principale per l’espatrio è addirittura sollecitato perché più sbrigativo.
La notizia dell’ennesima tessera plastificata di Brunetta mi è sembrata una specie di tessera punti per i pubblici dipendenti, come se non bastasse avere una carta d’identità, una patente di guida, una tessera sanitaria che ha anche funzioni di codice fiscale (in realtà io ne ho due, la prima emessa dalla regione Lazio quando ero residente a Roma, la seconda dalla Regione Siciliana essendo residente in provincia di Catania), un tesserino di codice fiscale per chi è nato prima della tessera sanitaria, un lenzuolo elettorale (chiamarla scheda o tessera è un po’ riduttivo, no?), il passaporto.
Quindi nei portafogli dei pubblici dipendenti si dovrà trovare posto anche per quest’altra …
La cosa mi fa diventare matto: ma le varie componenti dell’amministrazione pubblica non potrebbero mettersi d’accordo non su una razionalizzazione bensì sull’unificazione delle tessere?
Tecnicamente è possibilissimo che in una scheda con un chip vi siano caricati tutti i dati dell’individuo, dalla sua identità al codice fiscale, dalla posizione sanitaria, a quella inps, inail e chi più ne ha più ne metta. Nello stesso tesserino si potrebbero inserire i dati del collegio elettorale e magari implementare un sistema decente di voto a distanza (come viene ad esempio realizzato in Estonia), almeno per i quesiti referendari, ad esempio. Perché vi immaginate una persona che è residente a Milano ma si trova per lavoro a Canicattì che – se non viene eletto il Sindaco meneghino al primo turno – deve tornare in Lombardia ogni due settimane solo ed esclusivamente per esercitare il proprio diritto di voto? Primo turno amministrative, ballottaggio, Referendum!
Almeno per i referendum dico io, che sono uguali in tutta Italia, non si potrebbe mettere su un bel sistema informatico che ci consenta di votare anche se ci si trova a 1500 km di distanza dalla residenza?
Immagino la faccia di un orgoglioso travet pubblico, in viaggio per Londra, beccare il poliziotto inglese che scruta la nuova tessera di identità, tanto orgogliosamente e brunettianamente ostentata dal dipendente pubblico, e sorride sornione chiedendo “non è che ha con sé il Passaporto? Sa, così ci sbrighiamo prima“.