Una boccata di normalità
Dopo troppi giorni e troppe pagine spese a parlare delle tristi vicende personali di un imperatore alla fine del suo lungo regno, stamattina ho avuto la graditissima sorpresa di leggere le prime nove pagine di Repubblica che parlavano di America, di Obama, di Rubio, di Tea Party e di Democrats.
Il faccione del Presidente americano in prima pagina, sotto al titolo “E’ colpa mia”, è l’immagine più forte ed eclatante di quanto anche il nostro Paese avrebbe tanto bisogno: la normalità. Obama non ha accusato di brogli, non chiesto di ricontare schede: ha semplicemente preso atto del messaggio che i suoi concittadini gli hanno veementemente inviato il 2 novembre.
Sessanta seggi, su neanche cinquecento hanno cambiato colore nel giro di due anni esatti (Obama e la vecchia Camera dei Rappresentanti furono eletti il 4 novembre 2008). Che invidia! Forse è proprio questo che rende l’America un modello irraggiungibile di Democrazia realizzata per chi – come nel nostro Paese – vive inchiodato prima nella Democrazia incompiuta della Prima Repubblica, poi nella Democrazia Berlusconizzata della Seconda.
Leggere le analisi e le corrispondenze di Zucconi, Rampini, Aquaro e Flores D’Arcais, i commenti di Stille e tutte le varie interviste mi ha fatto pensare ai dopo elezioni di casa nostra, con la processione dei Capezzone, dei Cesa, dei Cicchitto, dei Minniti, dei Bettini, dei Ronchi, dei Giordano, tutti lì a discernere dello 0,3% in più o in meno, in attesa dei big che stanno chiusi rintanati nei loro palazzi e nei loro uffici prima delle dichiarazioni solenni a Bruno Vespa.
Per quasi un’ora mi sono goduto pagine e pagine di vera politica, di grande corrispondenza e di eccezionali “pitture” giornalistiche.
Poi a pagina dieci la faccia rabbuiata di Silvio Berlusconi mi ha riportato coi piedi per terra …
Per fortuna il mio bus era arrivato alla mia fermata!