Buoni Vacanze e Buone Vacanze

 In POLITICA

Mi ero perso una notizia, nel corso di tutti questi anni, una notizia che ieri mi ha fatto proprio sorridere: il Ministro Brambilla, Ministro per il Turismo, ha annunciato di aver prorogato di un altro anno i cosiddetti “buoni vacanze”.

Ascolto il TG riferire che in questo modo si aiuteranno le solite famiglie “meno abbienti” a prendersi una vacanza, aiutarli insomma a spendere …

Incuriosito dalla cosa sono andato a vedere il sito www.buonevacanze.it. Mi chiedevo a chi spettassero questi benedetti buoni, chi potesse richiederli. Ed ecco che spunta fuori il solito indice ISEE che perseguita chiunque voglia far entrare un figlio in un asilo comunale, pagare il giusto delle tasse universitarie o entrare in una certa graduatoria pubblica!

Lo stesso indice insomma che qualche anno orsono concedeva benefici ai gioiellieri e li negava ai loro dipendenti …

A parte il meccanismo di erogazione del buono mi sembra interessante analizzare la ragione dei buoni vacanza.

Come si legge sul sito, ecco gli obiettivi che si propone l’associazione chiamata a gestire i Buoni Vacanze:

  • Facilitare l’accesso al turismo per tutti (famiglie, giovani, anziani, disabili e quel 45% di italiani che non va in vacanza);
  • Collegare il sistema italiano con le esperienze maturate in altri paesi per rafforzare la quota di interscambio Italia/estero e per dare vita al sistema Buoni Vacanze europeo;
  • Favorire lo sviluppo più armonico del turismo nazionale, in termini di riequilibrio dei flussi tra nord e sud del Paese e tra alte e basse stagioni e contemporaneamente sostenere la domanda turistica per garantire il diritto alla vacanza a tutti i cittadini;
  • Per gli enti pubblici la possibilità di spendere celermente i fondi destinati alle vacanze e cure climatiche per particolari categorie disagiate, incrementando il numero degli assistiti, senza le lungaggini delle gare di appalto dei servizi, lasciando la scelta finale dell’esercizio al beneficiario, sempre nell’ambito di un elevato standard di qualità;
  • Sollecitare le istituzioni, centrali e locali, per attivare una politica favorevole al consumo turistico anche dal punto di vista fiscale;
  • Per il mondo del lavoro, il miglioramento delle relazioni aziendali e la decontribuzione e defiscalizzazione degli incentivi finalizzati alle vacanze tramite BVI.

Ovviamente le finalità qui esposte sono sicuramente lodevoli: l’Italia è una meta straordinariamente appetibile all’estero e aiutare l’industria del turismo è senza dubbio opera meritoria.

Ma ci sono le due frasi in grassetto che mi fanno atterrire. La prima: il 45% degli italiani non va in vacanza. La seconda: senza le lungaggini delle gare di appalto dei servizi.

Nel primo caso il fatto che quasi metà di un popolo come quello italiano, che non rinuncia mai a ponti e ferie, non vada in vacanza la dice tutta sullo stato ormai critico delle finanze patrimoniali della stragrande maggioranza delle famiglie italiane. Spesso sono le necessità di ogni giorno che impediscono ad andare in vacanza.

Sono i tre mesi estivi di vacanza scolastica che costringono le famiglie a pagare asili, centri estivi, baby sitter per lasciare in luogo quanto meno sicuro i propri figli. Quello che resta basta e avanza per un tuffo al mare una domenica, per chi ha la fortuna come me di vivere in una città di mare, oppure per una passeggiata in montagna, un pranzo domenicale, una scampagnata fuori porta.

Sono i carenti trasporti pubblici che costringono i cittadini ad utilizzare le loro vetture, con conseguente spreco di denaro e aumento dell’inquinamento cittadino.

Sono i problemi dell’accesso a prestazioni sanitarie pubbliche, per le quali si pagano, e sonoramente, le tasse, problemi che chiunque abbia una persona cara ammalata fa quello che ovviamente tutti farebbero: mettere mano al portafogli e pagarsi una visita privata!

Quindi anziché andare a capire cosa  porta la metà degli italiani a non andare in vacanza, quali siano i motivi strutturali di una crisi economica, si sceglie ancora una volta la soluzione di “elemosina”,  rinviando al domani le scelte che sarebbe il caso di fare oggi! Come per un tema molto più drammatico quale l’aborto fece il Presidente lombardo Formigoni.

Nella seconda frase c’è tutta la summa dei giorni che corrono: l’insofferenza verso le gare pubbliche, trasparenti, dove chiunque possa partecipare e controllare. Anche qui anziché preferire di sciogliere i nodi di una certa burocrazia, si cerca la strada delle mani libere, strada che magari tappa la bocca a qualche cittadino, al quale magari un dì si ricorderà che è anche un elettore e potrebbe mettere la croce su chi gli ha fornito quella certa agevolazione!

Tutto ciò mi fa venire in mente di quando andavo al Liceo e ancora minorenne osservavo da spettatore in training le varie campagne elettorali, aspettando un giorno di votare anche io.

Ricordo ancora le cene elettorali, le buste della spesa casa per casa per conquistare elettori, l’elemosina come strategia del consenso.

Sono passati oltre venti anni e questo modo di raccogliere consenso è praticamente rimasto intatto, non esiste nessuna tensione morale che faccia dire: “basta con l’elemosina”.

Forse è vero quello che dice un mio collega:  Siamo passati da essere cittadini a essere consumatori.

Come si suol dire a Roma, Francia o Spagna basta che se magna!



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