Mariniamo la società

 In LIFE

Sembra di essere tornati a scuola, ultimamente, quando se al sabato c’era una bella giornata, anziché entrare in classe si improvvisavano scioperi “politici”, animati dai più grandi spiriti di giustizia, libertà ed eguaglianza ma che sotto sotto non erano altro che un espediente per andare al mare, portare in vespa la propria ragazza, improvvisare su qualche piazza un incontro di calcio fino allo sfinimento, come se ci si stesse giocando la coppa del mondo!

Adesso invece chi va a lavoro ogni santa mattina deve fare i conti con il calendario: ogni settimana, talvolta ogni due, puntualmente c’è uno sciopero indetto da una qualche strana, nuova sigla sindacale dei trasporti, che costringe i milioni di pendolari e clienti dei servizi pubblici locali a fare i salti mortali per andare sul posto di lavoro la mattina e tornare a casa la sera ad un orario decente.

Non mi sogno minimamente di contestare il diritto allo sciopero di chiunque, ma mi chiedo: “perché sempre di venerdì?”. Certo immagino che nei trasporti uno sciopero di venerdì massimizzi il disagio dei clienti e quindi aumenti “teoricamente” la forza contrattuale con la controparte, forti di un’opinione pubblica che dovrebbe solidarizzare con il mondo dei salariati, dei precari e quindi di coloro che ci consentono di scorazzarci in giro per la città.

Ma è proprio così? Io invece ritengo che questa cosa di indire scioperi sempre e soltanto nei fine settimana alla lunga non farà altro che infastidire proprio tutte quelle persone che magari non stiano aspettando altro che quell’agognato venerdì per poter farsi un bel weekend di vacanza, magari rimandando al lunedì successivo preoccupazioni e pensieri. Penso anche a tutte quelle persone che devono organizzarsi con baby-sitter, tate, governanti, badanti per poter ottemperare ai loro impegni familiari con i più deboli, bambini ed anziani; penso anche a tutte quelle persone che – nonostante la fascia di garanzia – non potranno comunque lavorare quel giorno e che inevitabilmente perderanno la “giornata” di lavoro.

E poi non capisco una cosa: se venerdì 25 giugno scorso c’è stato uno sciopero generale della CGIL, perché la stessa organizzazione non si adopera perché la sua federazione dei trasporti non aderisca ad un altro sciopero, dopo solo due settimane? Non è che in due settimane – in Italia – possa mai cambiare qualcosa! Che razza di strumento è diventato, lo sciopero, per esigere le giuste rivendicazioni sindacali?

A volte penso che forse in Italia dovremmo un giorno scioperare noi cittadini: non comprare nulla, non utilizzare mezzi pubblici, stare tutti fermi e immobili a casa propria e guardare che succede. Non accendere le TV (immaginate che i politici non entrino un giorno nella vostra casa e sentirete subito una ventata d’aria nuova!), non comprare quotidiani per non intossicarsi, non fare assolutamente nulla!

Forse non cambierà nulla, ma per una volta ci saremmo ripresi la nostra vita, senza l’ansia!

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