Elemosina o Contributo?
Mi sono imbattuto ieri sera nell’articolo dell’Unità, riguardo il bonus di 4500 euro che la Regione Lombardia erogherà a quelle donne che interrompono la gravidanza per difficoltà economiche in 18 mesi. A parte il fatto che sarà interessante valutare nel merito tale proposta, su come ad esempio verrà accertata la difficoltà economica (essendo questo un Paese dove la fantasia fiscale abbonda!), mi ha fatto riflettere il seguente passo dell’articolo:
«Vogliamo aiutare – spiega in una nota il governatore lombardo – la famiglia, la maternità e la natalità, rimuovendo il più possibile gli ostacoli, a cominciare da quelli di natura economica, che rendono più difficoltoso il fare una scelta a favore della vita»
Pur apprezzando le motivazioni che spingono Formigoni a varare un simile provvedimento, a me appare tuttavia il solito vizio della destra italiana: fare l’elemosina ai nostri concittadini più deboli anziché potenziare i servizi per la famiglia e per l’infanzia. Così come nella passata legislatura berlusconiana, quella del 2001-2006 quando il Ministro Maroni (allora al Lavoro e alle Politiche Sociali) si inventò il bonus bebé, si preferisce un intervento di natura squisitamente economica piuttosto che varare serie politiche sociali. Ancora una volta si evita che le famiglie possano sentirsi più cittadini e più comunità, specialmente tutte quelle famiglie che per ragioni economiche non possono permettersi troppi lussi.
Per l’ennesima volta i Governi (poco importa che qui si tratti di un governo locale, è la più importante regione italiana) di centrodestra si inventano provvedimenti atti al solo scopo di consolidare il proprio consenso politico ed elettorale, facendo leva solo sul denaro e lasciando alle famiglie il gravoso compito di barcamenarsi sulla gestione quotidiana delle difficoltà economiche. A me pare invece evidente che le famiglie italiane, quelle che ormai hanno ad esempio la reale necessità di due entrate per nucleo familiare, abbiano piuttosto bisogno di servizi quali asili nido, scuole, tempo pieno, scuolabus anziché “soldi”.
Le donne che aspettono un bimbo e si pongono il drammatico interrogativo di farlo sopravvivere o meno, non hanno bisogno di “denaro”: avrebbero bisogno invece di serie ed efficienti politiche sanitarie. Se ad esempio le linee guida del Ministero della Salute parlano di tre ecografie durante la gestazione ma poi non si riescono a prenotare in una struttura pubblica perché i tempi di attesa sono enormi, allora probabilmente questo fantomatico bonus in realtà non servirà alle donne in gravidanza, bensì alle varie strutture diagnostiche private alle quali le donne dovranno comunque rivolgersi per controllare l’andamento della gestazione.
Allo stesso modo, una volta nato il bambino, una famiglia ha bisogno di una comunità, dato che ormai la nostra società non ha più le reti sociali del passato, che la supporti con tutta una serie di servizi che – salvo rare e lodevoli eccezioni – sono assenti nel nostro Paese. Se una donna dovrà tornare dopo tre mesi al lavoro avrà sicuramente più bisogno di un asilo nido e di facilitazioni alle cure mediche del piccolo (che si ammalerà spesso ed anche l’antinfiammatorio più blando o i più diffusi fermenti lattici non sono rimborsati dal SSN) piuttosto che di un bonus di 250 euro al mese e basta!
Mi si potrebbe obiettare che le politiche sociali e familiari costano: lo sappiamo bene, ma probabilmente se si tagliassero spese inutili (è proprio necessario che vi siano tutte queste auto blu in giro? Non possono essere adoperati i mezzi pubblici?) si riuscirebbero a trovare le risorse per fare certi interventi a favore della famiglia. E soprattutto se si riuscissero ad avere vere graduatorie di reddito (vi sono casi pazzeschi di famiglie che divorziano soltanto per pagare meno le rette degli asili!), affinché le famiglie contribuiscano secondo le loro vere possibilità, probabilmente si avrebbe una vera razionalizzazione della spesa, piuttosto che tagli secchi o contributi a pioggia.
Nel provvedimento del Governatore lombardo non c’è qualcosa che sia sbagliato in sé: è nel principio che sta il vulnus, in quella frase demagogica “… rendono più difficoltoso il fare una scelta a favore della vita” come se le donne che scelgono di interrompere la gravidanza siano delle assassine, come se facessero scelte a favore della morte, quando in realtà – se fossero spinte dalle motivazioni economiche (che tale provvedimento vuole contrastare) ad interrompere la gravidanza – compiono spesso una scelta in favore della vita: la propria e spesso della propria famiglia.