Buona la prima

 In SPORT
Accovacciato in mezzo al corridoio, con la pila di libri e quaderni che mi aspettavano sulla scrivania e con la mia povera mamma che passando mi accarezzò la testa, come solo una madre è in grado di fare per consolare il proprio bambino anche se cresciuto, capii finalmente da cosa fossi affetto. Prima di tornare alle cantiche del Paradiso, alla poetica di Foscolo e alle foglie morte di Walt Whitman, con ancora negli occhi la disperazione di Aldo Serena e di Roberto Donadoni, ebbi la certezza matematica di essere affetto da una grave malattia: ero malato di tifo per la Nazionale italiana e per ventidue ragazzi come me in mutandoni bianchi e maglietta azzurra che prendevano a calci un pallone e che possedevano la straordinaria capacità mediatica di bloccare un intero paese, una nazione che negli anni pari all’inizio dell’estate si ritrova come rimbambita davanti ai teleschermi. Una malattia condivisa con altri folli che per tutto l’anno guardano (all’apparenza) lo sport in maniera distaccata ma che poi davanti agli azzurri sono soggetti a una mutazione genetica e soffrono, partecipano e scalciano dal loro divano come se fossero in campo. Ed è una dipendenza dalla quale – ogni volta che terminano le manifestazioni continentali e mondiali – provi invano a disintossicarti: ti ripeti «basta, questa è l’ultima volta che la seguo!» ma poi puntualmente alla vigilia delle partite ci ricaschi, come chi prova a smettere di fumare e poi puntualmente te lo ritrovi dal tabaccaio perché «una ogni tanto non fa certo male!».

Così provi a minimizzare gli effetti deleteri di ciascun post partita grazie all’esperienza mano a mano acquisita sul «campo»: dai rigori di Pasadena al Golden Gol di Trezeguet, dalla traversa di Di Biagio al colpo di testa di Ahn Jung-Hwan, passando ovviamente per le imprese del mondiale tedesco, quando in semifinale ci si stava lasciando le penne, fino al morso di Suarez a Chiellini in terra carioca, ultimo supplizio di una malattia che non conosce guarigione.

Una malattia che rende proprio insani di mente, se pensiamo che a Roma, un’organizzazione sindacale, ha persino indetto uno sciopero di quattro ore dalle 20.30 alle 00.30, proprio per minimizzare gli effetti sui romani che avessero voluto rientrare a casa in tempo per la partita (dicono loro) e per vedersi comodamente la partita (aggiungiamo noi): perdi mezza giornata di salario, peraltro in notturna quindi non pochi soldi, praticamente non ottieni disagi (ieri sera nella Capitale non circolava una mosca!) e ti fai prendere in giro da chi non aspetta altro che sparare contro lavoratori e sindacati. Un vero successo!

Anche quest’anno quindi ci troviamo a giocare l’europeo che si tiene in Francia con la consapevolezza che il tifo è una malattia dalla quale non si sfugge ed è forse anche sano e giusto che ciò avvenga: bastano quei tre squilli di tromba che introducono il nostro inno nazionale, onestamente e musicalmente uno dei più brutti del pianeta, per farci mettere sugli attenti e far scattare dentro di noi la molla che ci terrà inchiodati al divano per un mese intero, imprecando perché un giocatore non è stato convocato o maledicendo il CT per una scelta a nostro insindacabile avviso totalmente errata e pericolosa per il “proseguimento della rassegna continentale” (omaggio ai grandi parolieri del pallone da Brera a Ciotti, da Pizzul a Martellini).

Ed è inevitabile dopo la vittoria azzurra di ieri sera per 2-0 contro il Belgio, una delle favorite alla vigilia, provare a redigere delle pagelle dei nostri eroi, soprattutto da parte di chi – come me – non ne capisce assolutamente una mazza di come sia andata la partita, avendola vista come in trance agonistica, come se ci si fosse seduti accanto a Lele Oriali, dirigente accompagnatore della Nazionale.

Ecco quindi le mie valutazioni:

Buffon: 10 per la leadership esercitata in campo, per lo stimolo continuo verso i compagni di reparto e per la sicurezza fra i pali. 4 per il coccolone che ci ha fatto prendere uscendo sull’unica vera occasione da gol dei belgi: avesse trovato due piedi anziché le due ciabatte di Lukaku avremmo raccontato un’altra delle nostre solite drammatiche serate. 2 per l’esultanza a mo’ di Tarzan a fine partite: no, dico, è impazzito? Voto 6.

Barzagli: dopo dieci anni da quando, pur giocando nel Palermo, si ritrovò anche lui campione del mondo (probabilmente a sua insaputa), è ancora una roccia della difesa. In area di rigore gli attaccanti belgi praticamente non sono mai entrati. Voto 7.

Chiellini: dove non arrivano i suoi piedi lo fa il suo naso! Difende, rilancia, dà tranquillità alla difesa. Si becca un’ammonizione evitabile, se si fosse liberato prima del pallone, e pericolosissima in futuro, se dovesse beccarne un’altra. Voto 6.

Bonucci: la reincarnazione di Scirea e di Baresi, gli ultimi due immensi liberi che la Nazionale Italiana ha avuto. Un suo lancio chilometrico e radiocomandato porta al primo gol. Voto 8.

Darmian: n.p., come le temperature del meteo. Fa commuovere chi ricorda le sgambate di Cabrini, Maldini e Conti sulla fascia sinistra. Si becca un cazziatone epico dal CT che infatti lo sostituisce. Voto 4.

De Rossi: generoso in difesa e impreciso nei passaggi. In evidente declino dopo i fasti mondiali del 2006. Voto 5.

Candreva: ha fatto sfracelli sulla fascia destra, sembrava essersi impossessato dello spirito del barone Causio e di Riccioli d’Oro Donadoni. Sbaglia troppi passaggi ma quando ne indovina uno la buttiamo dentro. Voto 7.

Parolo: non ho capito né chi sia né che ci faccia in nazionale. S.V.

Eder: già passare da Sivori a Camoranesi era stato complicato, ma comprendere perché ci sia stato bisogno della sua naturalizzazione è fuori dalla mia portata. S.V.

Pellè: volenteroso ma impreciso, sbaglia troppo fino al 90°. Poi per grazia divina la butta dentro a tempo scaduto e tutti gli siamo grati. Voto 7.

Giaccherini: se dovesse fare altri cinque stop come quello vincente nelle prossime partite, meriterebbe un monumento nazionale. Non pervenuto per la prima parte della partita e anche per larga parte della seconda. Ma ha segnato quando serviva e chi segna ha sempre ragione. Voto 7.

De Sciglio: misterioso, lo si ricorda solo per un’entrata in difesa. S.V.

Immobile: ha pagato l’emozione dell’ingresso in campo in un europeo, ma appena si rende conto di poter punzecchiare gli avversari prova a realizzare il raddoppio. Glielo impedisce solo uno stratosferico portiere. Voto 7.

Thiago Motta: dalle prime immagini Sky appare già stanco appena arrivato allo stadio. Rimanendo in panchina è il vero uomo in più della squadra, così gli azzurri hanno potuto giocare tranquillamente in 10 visto che Darmian ha dormito per tutto il tempo. Non fa in tempo a entrare che si becca un’ammonizione. Un grande. Voto 10.

Conte: si sacrifica fisicamente beccandosi un cazzotto o qualcosa di simile. Sanguinante, urla dalla panchina come un ossesso, minaccia di morte i giocatori ma indovina la tattica vincente per scardinare il gioco dei belgi. Fattore plus di questa nazionale, un vero coach. Invasato come noi malati. Voto 10.

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